
Mi sono imbattuta in Stoner in modo del tutto casuale. Certo lo conoscevo, ne avevo sentito parlare in modo discordante e mi aveva incuriosito, ma non era ancora nella lista dei miei acquisti, almeno non di quelli urgenti. Invece nell’ultima trasferta in Toscana durante il consueto giro in libreria, mi sono trovata Stoner davanti e non so…è stato come se mi avesse chiamata e attirata verso di sé. Vi è mai capitato?
Chiaramente ho risposto al richiamo e l’ho comprato. Non avrei potuto fare scelta migliore: la storia di William Stoner e la scrittura di John Williams mi hanno completamente conquistata!
Alla fine il romanzo narra solo la vita ordinaria di un uomo qualunque, una vita abbastanza deludente e triste, ma è raccontata in modo così meraviglioso da renderla speciale e (a mio avviso…) indimenticabile per il lettore.
Stoner nasce nel 1891 e cresce in una famiglia di contadini a Booneville, nel Missouri, aiutando i genitori nella fattoria. Su consiglio dell’ispettore della contea, il padre decide di iscriverlo all’università, alla facoltà di agraria, in modo che, una volta finiti i quattro anni di studio, potesse far ritorno a casa con idee nuove per alleggerire e migliorare il lavoro nei campi. Per la prima volta in venti anni, Stoner lascia Booneville per iniziare questo nuovo capitolo della sua vita a Columbia. Ma le cose non vanno come pianificato: durante il secondo anno Stoner frequenta un corso di letteratura e se ne innamora. Abbandona agraria per dedicarsi agli studi letterari, diventando professore e ottenendo la cattedra di alcuni corsi. Lo studio, i libri, e l’insegnamento riempiranno la sua vita, ma , nonostante il profondo interesse, saranno pochi i momenti vissuti con entusiasmo e piacere.
A causa forse della sua educazione o del rapporto inesistente con i genitori, Stoner accoglie qualsiasi avvenimento che gli capita con totale indifferenza, senza lottare per ottenere un cambiamento. E questo sia nell’ambito lavorativo sia nella vita privata. Già, perché sua moglie Edith, una ragazza chiusa e problematica, non gli rende facile la vita domestica ma, anche con lei, Stoner non riesce a reagire. Stoner si accorge fin da subito che il suo matrimonio è un completo fallimento e infatti il loro rapporto non farà altro che peggiorare nel corso degli anni. Edith è sicuramente odiosa e non fa niente per nasconderlo, ma credo che anche lei abbia sofferto molto, a causa forse della sua educazione molto rigida e dei rapporti molto formali con i genitori. Si comporta quasi come un automa, come se non provasse emozioni e mi ha molto colpita come ha reagito dopo la morte improvvisa del padre. Purtroppo il povero Stoner è la sua valvola di sfogo e a lui, senza reagire o ribellarsi, non resta altro che accondiscendere ad ogni capriccio e dispetto della moglie. In questa spirale di passività viene intrappolato anche il rapporto con la figlia Grace, rovinando il bel legame che avevano quando lei era una bambina. Di questo mi sono davvero molto dispiaciuta; speravo che Stoner almeno con lei trovasse la forza di proteggerla e di non abbandonarla all’infelicità.
” A volte gli sembrava di essere una specie di vegetale e sperava che qualcosa – anche il dolore- lo trafiggesse per riportarlo in vita. Era arrivato a un’età in cui, con intensità crescente, gli si presentava sempre la stessa domanda, di una semplicità così disarmante che non aveva gli strumenti per affrontarla. Si trovava a chiedersi se la sua vita fosse degna di essere vissuta. Se mai lo fosse stata.”

A parte una breve parentesi, quella di Stoner è una vita infelice, vissuta passivamente, senza coinvolgimento, lasciando scorrere i giorni e facendosi trasportare dagli eventi “con la sua stoica capacità di sopportazione e il suo stolido incedere attraverso i giorni e le settimane“. Eppure è un uomo intelligente, colto e appassionato; ha dimostrato di poter essere un buon professore, gentile e disponibile con gli studenti, di poter amare e di poter essere un buon padre. Non capisco la sua immobilità, la sua mancanza di reazione anche di fronte ad eventi gravi. Forse non serve nemmeno ragionarci tanto sopra perché è come se l’essenza della sua indole fosse già racchiusa nel suo nome, che richiama molto la parola stone, pietra.
Durante la lettura ho provato dei sentimenti contrastanti: rabbia, incredulità, amarezza ma anche affetto e tenerezza e ho terminato la lettura con le lacrime agli occhi e un peso sullo stomaco. Stoner è un romanzo che affronta tempi importanti e, nonostante la placidità del protagonista, noi lettori veniamo coinvolti in una spirale di emozioni!
Pensandoci bene tutti siamo un po’ Stoner e abbiamo sicuramente in alcuni occasioni affrontato la vita alla sua maniera, guardandola scorrere senza preoccuparsi di fermarla o di farle cambiare rotta. Credo sia proprio questo che alla fine ci coinvolge nella narrazione e rende questo romanzo unico ed indimenticabile!
“Povero papà, le cose non sono mai state facili, per te, vero?”
Stoner ci pensò su un momento e poi disse:”No. Ma forse non ho neanche voluto che lo fossero.”