“…le implicazioni di questa scoperta erano troppo importanti per rischiare di gettare l’allarme anzitempo. Per questo sentii un crampo allo stomaco quando a colazione Francis irruppe nella sala dell’Eagle annunciando a chiunque si trovasse a portata di voce che avevamo scoperto il segreto della vita.”
Era il 28 febbraio 1953! James Watson e Francis Crick avevano appena scoperto la struttura della molecola di DNA, realizzando un modello che ne confermava la doppia elica e l’appaiamento delle coppie adenina-timina.

[…] cominciai a spostare le basi avanti e indietro, secondo altre possibilità di accoppiamento. Improvvisamente notai che una coppia adenina-timina, tenuta insieme da due legami a idrogeno, era identica nella forma a una coppia guanina-citosina tenuta insieme da almeno due legami a idrogeno. Tutti i legami sembravano formarsi spontaneamente; non occorrevano artifici per ottenere i due tipi di coppie nella stessa forma. […] L’appaiamento costante dell’adenina con la timina e della guanina con la citosina significava che le sequenze delle basi delle due catene intrecciate erano complementari l’una all’altra. Data la sequenza di una catena , risultava automaticamente determinata quella dell’altra. Era quindi facile immaginare concettualmente come ogni singola catena potesse essere lo stampo per la sintesi di una catena con la sequenza complementare.

Ne “La doppia elica, il romanzo scientifico pubblicato nel 1968, James Watson racconta l’avventura che ha portato alla grande scoperta. Tutto ha inizio nel 1951 quando Watson durante il suo dottorato, spinto dal desiderio di scoprire cosa fosse un gene, viene in Europa a studiare biochimica, materia che aveva sempre ben evitato all’università. Durante un congresso a Napoli rimane folgorato dalla visione di una fotografia del DNA, ottenuta tramite diffrazione a raggi x, presentata da Maurice Wilkins. “Dimenticai Maurice, ma non la sua fotografia del DNA. Non riuscivo a togliermi dalla mente quella che doveva essere la chiave del segreto della vita.”
Con un po’ di furbizia, riesce a trasferirsi a Cambridge ed nello stimolante laboratorio Cavendish dell’Università di Cambridge incontra Francis Crick.
“Fin dal mio primo giorno in laboratorio seppi che non avrei lasciato Cambridge per molti anni. Andarmene sarebbe stata un’idiozia, perché avevo immediatamente scoperto il piacere e il divertimento di conversare con Francis Crick. Trovare nel laboratorio di Max qualcuno convinto che il DNA fosse più importante delle proteine era un colpo di fortuna.”
Crick era all’epoca alle prese con la sua specializzazione e da due anni stava lavorando con poco entusiasmo alla struttura tridimensionale dell’emoglobina con la tecnica della diffrazione a raggi x. Con l’arrivo di Watson si riaccese subito il suo intesse per lo studio del DNA, accantonato negli anni precedenti anche per non creare disaccordi con i colleghi del laboratorio King’s College di Londra, guidati da Maurice Wilkins, che si occupavano esclusivamente di ricerche molecolari sul DNA.In più il recente successo che Linus Pauling aveva ottenuto con il modello ad elica-della catena polipeptidica, suggerì a Crick l’idea che lo stesso procedimento si potesse applicare anche al DNA. “Ormai avevamo già il nostro programma: imitare Linus Pauling e batterlo sul suo stesso terreno.”

Ma, per procedere più rapidamente, avevano chiaramente bisogno dei dati esatti delle fotografie del DNA ottenute a diffrazione a raggi x. “Ma c’era un guaio: le foto appartenevano a Maurice.” Ed è cosi che entrano in gioco Maurice Wilkins e la sua assistente Rosalind Franklin.
Da qui, tra alti e bassi, successi e fallimenti, amicizie e discussioni, in un contesto fatto di cene, feste e partite a tennis, inizia il loro viaggio verso una delle più grandi scoperte scientifiche del secolo scorso!
La pubblicazione de “La doppia elica” scandalizzò l’intera comunità scientifica. Watson racconta in modo onesto e provocatorio i retroscena delle sue ricerche, mostrando una realtà, quella della ricerca scientifica, fatta di invidia, concorrenza, simpatie, odi profondi e rivalità. “Quando le porte dell’Eagle si aprirono per ricevere i clienti serali noi eravamo già là a brindare all’errore di Pauling. Invece di sherry, permisi a Francis di offrirmi un wisky. Le probabilità erano tuttora contro di noi, ma Linus non aveva ancora vinto il suo Nobel.” Ma non mancano anche gli inganni, come quello avvenuto ai danni di Rosalind Franklin!
Rosy non ci forniva direttamente i suoi dati, beninteso: anzi, nessuno al King’s sospettava che fossero in nostre mani. Ne eravamo venuti in possesso grazie al fatto che Max faceva parte di una commissione, incaricata dal Medical Research Council di esaminare il lavoro di ricerca del laboratorio di Randall. […] Appena Max vide i fascicoli di Rosy e Maurice, portò il rapporto a Francis e a me.
Anche la figura mitica dello scienziato, sempre arso dalla curiosità e schiavo dello studio, lascia spazio alla realtà, quella di un giovane studente (Watson ha 23 anni) pigro nell’approfondire ed ignorante su molti argomenti, ma con una mente geniale e brillante. Da queste pagine emerge anche quanto fosse difficile all’epoca per una donna farsi accettare e rispettare, nonostante l’impegno e il talento da tutti noto. Ecco come Watson descrive Rosalind Franklin: ” Ma bastava un’occhiata per capire che la ragazza aveva il suo caratterino. Di proposito non faceva nulla per mettere in rilievo la sua femminilità. Malgrado i lineamenti un po’ marcati non mancava di attrattive e avrebbe avuto il suo fascino se si fosse occupata un minimo del suo abbigliamento. Ma se ne guardava bene. Non metteva un filo di rossetto che facesse risaltare i capelli neri e lisci, e a trentun anni vestiva con la fantasia di un’occhialuta liceale.” E però, come spesso accade, il valore e l’onestà di una persona vengono riconosciuti ed apprezzati in punto di morte o soltanto dopo. Nell’epilogo Watson scrive finalmente delle parole rispettose nei confronti di Rosy “rendondoci conto, troppo tardi,delle lotte che una donna deve affrontare per essere accettata nel modo scientifico, che spesso considera le donne nulla più che un piacevole diversivo dal lavoro serio.” Morta nel 1958, Rosalind Franklin è stata l’unica a non essere insignita nel 1962 del Premio Nobel per la medicina.
L’importanza e il valore di questa scoperta furono fin da subito ben chiari a molti scienziati, soprattutto a quelli più attivi nella ricerca molecolare. Essa ha infatti consentito di iniziare ad indagare come viene trasmessa l’informazione ereditaria e di aprire le porte a tutta una serie di problemi nuovi e interessanti sul suo funzionamento, come le modalità di replicazione o l’introduzione di mutazioni nella sequenza. Tutto quello che sappiamo oggi inizia da qui, da questa strepitosa scoperta che ha posto le basi di discipline come la biologia molecolare e la genetica, diventate oggi i settori più innovativi della ricerca scientifica.