
Pereira è il direttore della pagina culturale del “Lisboa”, un piccolo giornale di Lisbona. Dopo tanti anni come giornalista di cronaca nera, Pereira è finalmente contento di poter scrivere di cultura e dedicarsi alla traduzione dei suoi scrittori francesi preferiti. Il romanzo è ambientato a Lisbona nel 1938 durante la dittatura salazariana: è un periodo molto agitato tra la guerra civile in Spagna, la possibilità di una seconda guerra contro la Germania e la polizia portoghese che semina il terrore tra la popolazione. Pereira, nonostante il suo lavoro, è perlopiù estraneo ai fatti del mondo che lo circonda e continua a svolgere la sua vita normalmente, senza farsi agitare troppo. Almeno finchè non conosce Monteiro Rossi. Si imbatte sul suo nome casualmente su una rivista ed, essendo alla ricerca di un apprendista per una nuova rubrica, lo contatta e gli offre il lavoro. Il ragazzo con le sue idee rivoluzionarie coinvolgerà Pereira in losche faccende ma allo stesso tempo risveglierà in lui una grande voglia di cambiamento. Alla fine del romanzo il mite Pereira avrà lasciato il posto ad un nuovo Pereira, stufo di obbedire e di lasciar correre i soprusi della dittatura e disposto a tutto per far valere la giustizia!
[…] il fatto è che mi è venuto un dubbio: e se quei due ragazzi avessero ragione? In tal caso avrebbero ragione loro, disse pacatamente il dottor Cardoso, ma è la Storia che lo dirà e non lei, dottor Pereira. Sì, disse Pereira, però se loro avessero ragione la mia vita non avrebbe senso, non avrebbe senso aver studiato lettere a Coimbra e avere sempre creduto che la letteratura fosse la cosa più importante del mondo, non avrebbe senso che io diriga la pagina culturale di questo giornale del pomeriggio dove non posso esprimere la mia opinione e dove devo pubblicare racconti dell’Ottocento francese, non avrebbe senso più niente, e è di questo che sento il bisogno di pentirmi come se io fossi un’altra persona e non il Pereira che ha sempre fatto il giornalista, come se io dovessi rinnegare qualcosa.”
Ho adorato il personaggio di Pereira: un uomo obeso e cardiopatico con la fissazione per le frittate e la limonata zuccherata, rimasto vedovo, vive ancora nel passato, ripensando spesso alla sua gioventù e parlando con la foto della moglie. Fa davvero tanta tenerezza. Si sente solo e sente, ora più che mai, la mancanza di quel figlio mai avuto, che forse associa alla figura di Monteiro, aiutandolo e sostenendolo pur conoscendolo da così poco tempo.

La storia è raccontata da un narratore sconosciuto che riporta i fatti come se fossero la testimonianza di Pereira: ecco spiegato il titolo e anche i numerosi “sostiene Pereira, sostiene” sparsi nel testo. Ecco quindi spiegata anche la calma e la delicatezza che il romanzo suscita perché, nonostante la situazione politica agitata, tutta la vicenda è scandita dalla bonaria monotonia di Pereira, che viene catapultato nell’atmosfera reale solo quando ha contatti con Monteiro e i suoi amici.
Leggere Sostiene Pereira è stata anche l’occasione per saperne di più della storia del Portogallo, un paese che mi ha sempre affascinata e che vorrei visitare presto, ma di cui conosco poco. Non sapevo infatti che quella di Salazar fosse stata la dittatura più lunga del Novecento, dal 1932 al 1968, durante la quale governò completamente indisturbato. Soltanto nel 1974 con la “Rivoluzione di garofani” il Portogallo poté riassaporare la propria libertà. Nonostante 48 anni di repressioni e dittatura, i portoghesi riacquisirono il proprio paese in modo del tutto pacifico con i soldati che marciarono con i garofani appesi ai fucili. Decisamente un bel modo per riconquistare la libertà!
Ho apprezzato molto la nota finale dell’autore alla fine del romanzo, in cui spiega come ha avuto l’idea per scrivere questo romanzo e per creare il personaggio di Pereira. Le tematiche e il messaggio mandato da Antonio Tabucchi sono chiare ed estremamente attuali: TUTTI possiamo nel nostro piccolo contribuire al cambiamento!